di Michele Canarino

L’ultimo semestre

Sono solito dividere l’anno in base alla mia vita universitaria. Ad esempio, gennaio e febbraio sono esattamente uguali per me, data la sessione invernale degli esami. Anche il clima e le abitudini coincidono. Allo stesso modo tutto giugno e metà luglio fanno parte di un unico mega-mese, dettato dalla sessione estiva. Poi ci sono degli intramezzi che – fortunatamente! – non pesano come gli altri: marzo è uno di questi. Lo è perché di solito riflette un piccolo periodo di pausa e di totale nullafacenza; lo è perché iniziano i corsi del secondo semestre e perché si allungano le giornate. Nel mio caso, però, questo piccolo frangente di tempo sta portando con sé un po’ di malinconia. Quello appena iniziato è il mio ultimo semestre di corsi. Il che non vuol dire la fine della carriera universitaria, ma sicuramente segna una linea netta tra un prima e un dopo. Niente più corsi vuol dire niente più professori da seguire, niente più compagni, niente più caffè tra una lezione e l’altra. Ciò non significa che queste cose finiranno, ma esisteranno comunque sotto una forma diversa.

 

Brunori Sas

È inutile dire quante riflessioni abbiano accompagnato questo periodo, quante domande sul futuro e quanti flashback nella mia mente. Proprio in questo mix di sensazioni, e in mezzo alla sessione d’esami, è uscito A casa tutto bene”, di Brunori Sas. Ho iniziato ad ascoltare Brunori qualche anno fa: ho ancora in testa le immagini della prima volta che ho letto qualcosa di lui e della prima volta che l’ho fatto partire sul mio vecchio iPod da 4 GB. Lessi di lui su “XL di Repubblica”, quando usciva ancora in edizione cartacea e lo davano in allegato con il giornale. Ancora più nitida è l’immagine della prima volta che la sua musica è uscita dalle mie cuffie: stavo andando allo stadio Arechi di Salerno, era il 30 luglio del 2010, faceva caldissimo e di lì a qualche ora avrei visto il primo concerto della mia vita: Luciano Ligabue. In pullman una ragazza mi chiese cosa stessi ascoltando, risposi: “Brunori Sas, un artista emergente. Lo conosci?”. Non lo conosceva.

Ripensando alla musica di Darione, è curioso come questa abbia scandito dei momenti importanti della mia vita: ”Vol.1” è del 2009, ma si è fatto conoscere nel 2010, mentre mi avviavo alla maggiore età; ”Vol.2″ è uscito mentre stavo per iniziare l’università, nel 2011; ”Vol.3” è del 2014, cioè l’ultimo anno della triennale; “A casa tutto bene” del 2017, durante quello che dovrebbe essere il mio ultimo anno di università. La sua fama è cresciuta parallelamente alle mie esperienze più importanti, più lui si faceva conoscere e più la mia vita si riempiva di momenti indelebili. I punti di contatto con Dario non si limitano alla cronologia dei suoi album: come me è del sud Italia (è nato in Calabria), come me è stato un fuorisede (ha vissuto per anni in Toscana), come me ha studiato e si è laureato in Economia e Commercio (all’Università di Siena). Anno dopo anno, durante la sua crescita artistica, è venuto fuori il suo maggior pregio: la capacità di essere trasversale, di andare al di là dell’età dei suoi ascoltatori, creandosi un pubblico molto eterogeneo. Brunori Sas piace a me, piace a mio fratello, piace a mio padre e forse piacerà anche ai miei figli.

Come stai?

“Scrivo canzoni poco intelligenti che le capisci subito non appena le senti, canzoni buone per andarci la domenica al mare, canzoni buone da mangiare”

“A casa tutto bene è il quarto lavoro in studio di Brunori Sas che, in realtà, più che un cantautore, è una band a tutti gli effetti. Spesso si parla di Dario al singolare, ma gli elementi che suonano con lui sono gli stessi da anni, compresa la sua compagna. Forse l’aspetto più evidente delle canzoni della Sas è proprio la facilità con cui si fanno cantare. Lei, lui, Firenze; Guardia ’82, Kurt Cobain hanno fatto avvicinare molti dei miei amici alla sua musica. Nel suo ultimo album più di un brano fa questo effetto: lo stesso artista lo ammette in Canzone contro la paura, che inizialmente doveva intitolarsi Canzone per me. Forse è questo il motivo che ha portato alla ribalta Brunori, tanto che Sky ha deciso di renderlo protagonista di un documentario.

In effetti si è parlato e si è scritto molto di quest’ultima fatica del gruppo. Ho più volte ribadito che non è mia intenzione recensire nulla, vorrei solo osservare le cose da una mia prospettiva. Perciò, dal mio personalissimo punto di vista, “A casa tutto bene” è una finestra. Una finestra sulla vita adulta, su quello che potrebbe riservare il futuro. È una finestra sulle ansie, le paure e le difficoltà che si potranno incontrare. Sulle soddisfazioni e sulle piccole cose che, andando avanti nel tempo, ci aiuteranno nei momenti difficili. In realtà credo che questa sia la chiave per capire il successo di Dario: sa come scrivere e cantare la vita di tutti i giorni, riuscendo a far combaciare le sue esperienze personali, con quelle che potrei vivere io e che forse ha vissuto mio padre prima di me.

Allora grazie Brunori, per la società in accomandita semplice e per lo sguardo sul futuro.